E’ dai tempi più remoti che l’essere umano viene attirato da quello che viene definito il “Noir”, perché nell’uomo c’è sempre un lato oscuro, qualcosa di terribile e affascinante, che intriga e mette paura.
Proiettare quest’ombra sul mondo esterno permette di maneggiarla senza esserne contagiati; proviamo curiosità e rabbia per i carnefici, simpatia e tristezza per le vittime, ma come un paracadute sempre pronto ad aprirsi per garantirci un atterraggio morbido (Picozzi, 2017).
Vi siete mai chiesti cosa risiede nella mente di un assassino?
Perché la nostra immaginazione è così colpita da queste terribili figure?
Esiste il Raptus omicida?
C’è un motivo se la figura spaventosa e diabolica dell’assassino, in particolare quello seriale, ci interessa, ci sconvolge e in un certo senso ci affascina.
E’ una metafora, un simbolo, la personificazione di tutto quello che è irrazionale, di primordiale, è il mostro che aspetta in agguato nella metà oscura (Lucarelli&Picozzi).
Chi sono?
Da dove vengono?
Perché fanno quello che fanno?
Per rispondere a queste domande è stata inventata la profilazione criminale, o definizione del profilo criminale, uno strumento comportamentale e investigativo che intende aiutare gli investigatori a profilare soggetti criminali totalmente o parzialmente sconosciuti.
La profilazione criminale è, nella sua accezione più ampia, un insieme di tecniche psicologiche volte a identificare l'autore di un reato sulla base della natura del reato stesso e delle sue modalità di esecuzione: vari aspetti del crimine commesso sono determinati da scelte che il criminale effettua prima, durante e dopo la commissione del reato, e queste ultime sono a loro volta connesse alla personalità del delinquente.
Le tecniche di profilazione criminale aiutano gli investigatori ad analizzare le prove della scena del crimine, le vittime e le dichiarazioni dei testimoni con lo scopo di sviluppare una descrizione del delinquente.
Gli assassini, in particolar modo quelli seriali, non sono normali cittadini che all’improvviso decidono di uccidere, il loro comportamento è spesso frutto di una storia di esperienze traumatiche iniziate nella tenera età e proseguita negli anni. E’ dunque fondamentale andare a studiare la sfera psicologica dell’assassino per poter risolvere un caso.
Per calarsi nei panni di un vero detective è necessario porsi queste domande, e non mettere limiti alla propria conoscenza.
Quando si ha che fare con un crimine, una vittima e un assassino niente può essere dato per scontato bisogna imparare a guardare oltre i propri limiti e non solo focalizzandosi sull’autore, ma osservando: la scena del crimine, il tipo di omicidio, la vittima e il contesto. L’analisi della scena del crimine, ad esempio, rappresenta il primo passo in qualsiasi indagine, che sia un furto con scasso o un omicidio efferato.
Ancor di più è importante nei casi dei delitti seriali, perché lì, con il ripetersi degli omicidi, il serial killer inevitabilmente racconta un qualcosa di sé agli investigatori.
Federica Rita Ravani, Dottoressa Magistrale in Psicologia Clinica all’Università Vita-Salute San Raffaele, vi aspetta il 25 gennaio, dalle 20.30 alle 22 (sia in presenza che online) con il seminario
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